Quello del martirio è sicuramente un tema “forte, cruento, tragico, non da poco”, come ha commentato un signore di passaggio nella cripta durante i preparativi pomeridiani; un tema forse di cui non tutti hanno voglia di sentir parlare, un tema forse anche scomodo che obbliga, in un certo senso, a riflettere.
Il convegno è stato aperto da Francesco Chicchiriccò, in qualità di presidente parrocchiale dell'AC, il quale ha avuto anche il compito di tenere le fila del discorso durante la serata.
A seguire, don Amerigo, parroco della comunità di S. Michele Arcangelo, ha introdotto a grandi linee il tema del convegno. Tra le sue parole d'apertura, le più significative sono forse quelle con cui ha sottolineato che il martire è uno che ha coraggio e che all'origine del martirio c'è la verità: una verità assoluta a cui si vuole rimanere fedeli. La testimonianza di questa verità è costata la vita a Cristo stesso e a molti cristiani durante i primi secoli di vita della Chiesa; il sacrificio è stato ancora più crudele in quanto inserito in un sistema morale che giudicava giusta la persecuzione: quando il male si organizza, diventa razionale, è allora che fa più paura. Don Amerigo ha citato come esempi le grandi tragedie delle ideologie massimaliste (comunismo, nazismo) ed anche alcuni fenomeni sociali dei nostri giorni (le sette sataniche).
Relatori del Convegno il prof. Massimo Pasqualone, professore incaricato presso l'Università "G. D'Annunzio" di Chieti e padre Krzysztof Trebski, rettore del santuario di San Camillo De Lellis di Bucchianico (Ch).
Il prof. Pasqualone ha aperto il suo intervento con alcuni cenni storici, ricordando che il termine martire, come testimone della fede, è nato in ambito cristiano ad indicare i fedeli che davanti ai tribunali pagani testimoniavano la fede in contrapposizione ai lapsi, che erano invece i cristiani che l'abiuravano. Il primo martire del Cristianesimo è considerato Santo Stefano, detto appunto il Protomartire. Dal concetto di martire, in epoca successiva alle persecuzioni, si è evoluto poi invece il concetto di santo. Ancora adesso l'elenco di tutti i santi canonizzati è detto Martirologio.
Da qui poi il suo discorso si è aperto a confronti con la concezione di martirio nelle altre religioni; ricordiamo brevemente che nell'Ebraismo per esempio, è assolutamente da privilegiare il mantenimento della vita piuttosto che il suo sacrificio, per cui quello del martirio è un concetto che non gli appartiene. Assai diverso è sicuramente il significato di martire che ritroviamo nelle religioni islamiche, utilizzato forse anche impropriamente, in quanto il fedele sacrifica la propria vita per combattere, si suicida per uccidere piuttosto che per difendere la propria fede.
Ad intervallare gli interventi dei due relatori c'è stata la proiezione di una sequenza di immagini commentate riferite a fatti di cronaca, a persone – più e meno conosciute – che hanno perso la vita battendosi per una causa in cui credevano. Ricordiamo tra questi Padre Kolbe, Vittorio Bachelet, Oscar Romero, i monaci di Tibhirine e molti altri fino ad arrivare ai più recenti come Francesco Fortugno.
L'intervento di Padre Krzysztof si è incentrato maggiormente sul significato religioso dell'essere martire. Secondo il catechismo della Catechismo della Chiesa Cattolica, il martirio rappresenta la suprema testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. È come se chi sceglie di essere cristiano debba mettere in conto la possibilità di donare la propria vita per amore di Cristo.
Nella sua trattazione ha ricordato e portato come esempio la vita di tre martiri dei nostri giorni: Suor Leonella Sgorbati, don Andrea Santoro e Padre Celestino di Giovambattista. Di tutto il suo interessante discorso qualcosa di poco usuale forse ha colpito maggiormente, un'interpretazione diversa di martirio a cui non tutti avrebbero pensato: quello del martirio “quotidiano”. Esempio lampante potrebbe essere quello di una madre che si occupa dei figli rinunciando ai propri interessi. Ma martire è anche più semplicemente chi si dedica giorno per giorno alla famiglia, al suo lavoro, che abbraccia i piccoli e grandi problemi quotidiani e va avanti, a volte senza vedere via d'uscita, avendo però nel cuore la speranza e la consapevolezza che Dio è presente. Il Martire dunque non è soltanto colui che dona la propria vita morendo, ma anche chi, nella carità, ne fa dono ogni giorno.
Agli interventi dei due relatori è seguito un breve momento di dibattito suscitato da alcune domande dei presenti. Ciò che ne è venuto fuori è che il martirio cristiano presuppone sempre il perdono per chi uccide, anche se non pronunciato esplicitamente. Chi arriva al punto di donare la propria vita per Amore di Cristo, non può provare odio e rancore: sarebbe una contraddizione troppo grande. Per cui non è importante se la madre di una vittima afferma di perdonare gli assassini di suo figlio; ciò che conta (e che nessuno può sapere) è che riesca a farlo nell'intimità del proprio cuore.
Nel corso del dibattito è emersa poi anche una questione delicata e più che mai attuale: il rapporto tra cattolicesimo e islamismo. Alla luce di quanto avvenuto recentemente, ci si chiedeva sostanzialmente come mai la Chiesa Cattolica deve misurare le proprie parole per non urtare la sensibilità di altre professioni religiose mentre nei confronti del cattolicesimo nessuno si fa di queste remore. La risposta è stata veramente significativa: il punto è che il Cattolicesimo è una religione sovranazionale – spiegava don Amerigo – e pertanto difficilmente si piega ai poteri forti, e la storia stessa lo dimostra.
Il Convegno si è concluso con la proiezione di un elenco dei Martiri Cristiani, persone uccise dal 2003 al 2005, di cui della maggior parte non ci è giunta alcuna notizia dai media: questo forse proprio a sottolineare il fatto che ogni giorno, nel silenzio, ci sono ancora tante persone che hanno il coraggio della testimonianza, che ci ricordano che “esiste un Amore più forte della morte” (parole di Mons. Bressan, vescovo di Trento, al Convegno di Verona)
Al termine di questa esperienza non sappiamo se chi ha assistito al convegno o anche chi semplicemente ha buttato uno sguardo furtivo e frettoloso al manifesto si sia lasciato interrogare. Non sappiamo se le parole dette e ascoltate si siano fatte strada nel cuore.
Il messaggio che si voleva di lasciare è che non servono azioni grandiose per essere Martiri (e dunque Santi); lo si può diventare invece in maniera molto più semplice e concreta di quanto siamo abituati a pensare.
Certo è che i giovani dell'Azione Cattolica hanno, a loro modo, “osato”, proponendo questo tema poco scontato… “come lo sguardo di San Pantaleone, che sembra scrutare lontano… come lo sguardo dei milioni di martiri della storia, uno sguardo che interpella e chiede di osare”…
Qui è possibile visualizzare le foto del Convegno.